#02 Speciali TFI | Lovers40: alla scoperta dell'anima industry

#02 Speciali TFI | Lovers40: alla scoperta dell'anima industry

Aprile 2025

Il secondo appuntamento con gli Speciali TFI è dedicato a Lovers Goes Industry, partner di TFI Torino Film Industry ed evento b2b organizzato da Lovers Film Festival. La 40ª edizione di Lovers Film Festival si svolge dal 10 al 17 aprile 2025, e taglia un traguardo importante e significativo per la rappresentazione LGBTQI+ nell’industria cinematografica.

Lovers Goes Industry – che il Festival organizza dal 2018 e che dal 2023 è confluito dentro TFI Torino Film Industry – rappresenta un unicum nell’ambito dei festival a tematica LGBTQI+ e costituisce un punto di incontro irrinunciabile per l’Industry e per i suoi protagonisti, con l’obiettivo di consolidare Torino come luogo di networking fondamentale. Nell’ambito di TFI Torino Film Industry, Lovers Goes Industry propone degli incontri dedicati sulla produzione di film e serie a tematica, e organizza una pitching session per giovani autrici e autori, accompagnati anche in una sessione di incontri one to one per agevolare occasioni di coproduzione e distribuzione internazionale.

Il “guest speaker” di questa puntata è Angelo Acerbi, Head Programmer di Lovers Film Festival e Panel Supervisor per Lovers Goes Industry, che viene a raccontarci qualcosa di più sul Festival e sulla sua anima Industry in occasione delle 40 candeline spente proprio quest’anno.

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Ci racconti la nascita del Lovers Film Festival?

Il Lovers Film Festival nasce quarant’anni fa, fondato da Giovanni Minerba e Ottavio Mai, e nasce anche grazie all’intervento dell’allora Assessore alla Cultura della Città di Torino, Marziano Marzano, che decide di finanziare questo evento. Inizialmente è una rassegna, un lungo weekend dedicato ai film a tematica LGBTQI+. Diventa un festival internazionale a tutti gli effetti nel 1989, quando viene riconosciuto dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo italiano e sviluppa una sezione competitiva con concorsi tra lungometraggi, cortometraggi e documentari. Cresce anche il numero di giornate, e arriva così fino ad oggi, cambiando il nome due volte: prima Torino GLBT Film Festival “da Sodoma a Hollywood”, poi Torino Gay & Lesbian Film Festival, e diventa infine Lovers Film Festival alla sua 32ª edizione.

Qual è il panorama in Europa a proposito di festival a tematica LGBTQI+?

Lovers Film Festival è il più antico festival a tematica di Europa. Il secondo in ordine di data di nascita è a Londra, il BFI Flare: London LGBT Film Festival. Importante è anche Pink Apple a Zurigo, e da ricordare è anche la sezione Panorama della Berlinale – anche se non è propriamente un festival a tematica. Ce ne sono tanti con diverse strutture, è un mondo sufficientemente variegato: nella riunione di quest’anno dei programmer queer alla Berlinale eravamo, tra Europa e fuori Europa, 250 persone.

Flare e Pink Apple sono vicini a Lovers come calendario: Londra è a metà marzo, Zurigo a fine aprile. Con entrambi c’è una buona sinergia, con la Svizzera abbiamo anche condiviso ospiti, mentre il Flare ci manda sempre molto presto il programma, in modo da poter creare rete anche sul posizionamento dei film. Negli ultimi anni abbiamo lavorato anche con il Sunny Bunny di Kiev, sempre secondo una logica di condivisione titoli e ospiti. 

E fuori Europa?

Il faro fuori Europa è sempre stato il festival di San Francisco, il Frameline, nato nel 1977. Importante anche l’Outfest di Los Angeles: quando ho cominciato a lavorare per Lovers nel 1993, questi erano i due dove bisognava andare, così da avere il polso sulla produzione del momento, che rispetto ad oggi era molto più indipendente, sottotraccia e quantitativamente minore.

A livello produttivo, come è cambiata la risposta davanti ai film e serie a tematica LGBTQI+ rispetto a 40 anni fa?

È cambiata moltissimo: una volta c’erano molti meno film, ed erano quasi sempre dedicati esclusivamente a un mercato e a un circuito settoriale. Come Festival, trattavamo direttamente con il produttore o con il regista (che di solito era anche scrittore, produttore…) per ottenere il film, e la percentuale di successo era quindi più alta. Poi il tema LGBTQI+ è diventato più mainstream e le cose sono cambiate: da “Brokeback Mountain” in poi c’è stata una svolta. Da un lato, è stata una cosa molto positiva per la comunità in termini di visibilità e rappresentazione; dall’altro, per il Festival le cose si sono complicate. Cresce la concorrenza, e le produzioni più grandi e cercano festival ugualmente più grandi. Un argomento di discussione tra i programmer dei festival a tematica LGBTQI+ mondiali è che vogliamo far capire alle major che se fanno un film a tematica, magari anche con un regista LGBTQI+, darlo poi ad un festival LGBTQI+ non lo ghettizza. Però, allo stesso tempo negli ultimi anni sono aumentate le proposte dirette di film importanti: vuol dire che la percezione del Festival sul territorio italiano e europeo e il suo ritorno d’immagine sono buone. 

Il claim di questa 40ª edizione è To Emerge: “To Emerge non è solo l’infinito del verbo emergere ma è anche Torino Emerge,” è il commento della direttrice artistica Vladimir Luxuria. “I 40 anni del Festival e la storia del nostro movimento sono stati caratterizzati dall’emergenza di emergere: dal buio dell’ignoranza, da ogni forma di discriminazione, dall’omobitransfobia, dalla violenza fisica e verbale, dalla solitudine.” Per poter contrastare l’emergenza di emergere, è necessario avere degli spazi sicuri ben prima di dover sgomitare nella folla dei numerosissimi titoli che affollano le iscrizioni ai festival. La nascita di Lovers Goes Industry risponde a questa esigenza?

Vladimir ha pensato a questo claim con un duplice obiettivo: come verbo inglese, emergere, perché negli ultimi anni la guerra contro la comunità si è riaccesa moltissimo, e crediamo che l’unico modo per sopravvivere a questa guerra è non nascondersi, ma essere sempre più visibili. Poi si aggiunge che “TO” vuol dire “Torino”, quindi c’è un bel gioco di parole; anche Torino emerge, perché ha avuto la forza e la voglia di far nascere un festival come Lovers in un periodo in cui non se ne parlava neanche. È un orgoglio cittadino.

Anche nascita di Lovers Goes Industry risponde a una duplice esigenza: da una parte, un po’ volevamo essere i primi a farlo; e poi c’era una richiesta produttiva. La programmazione di allora si era resa conto che perdevamo dei progetti nell’arco del periodo di creazione e realizzazione del film: sapevamo che quel regista iniziava a lavorare, ma quando poi il film era finito non eravamo più nel giro e il progetto era perso. Da un’idea di Flavio Armone, Salvo Cutaia e Valerio Filardo è nata la prima edizione di Lovers Goes Industry: un giorno di lavoro all’interno del Festival con un panel in cui chiamavamo registi, che di solito conoscevamo, per presentare un loro progetto. Ci siamo resi conto che aveva un buon risultato: per esempio, “About Last Year”, il documentario di Beatrice Surano, Dunja Lavecchia e Morena Terranova che poi è stato selezionato per la 38ª Settimana Internazionale della Critica, ha fatto la prima presentazione di progetto a Lovers Goes Industry.*

Ogni anno durante Lovers Goes Industry si propone una pitching session di progetti a tematica. Quali sono gli ingredienti che portano i progetti sul palco del Circolo dei lettori?

La ricerca progetti per Lovers Goes Industry è sempre abbastanza complessa: non abbiamo una struttura che si dedica solo a questo, quindi dobbiamo trovare del tempo per farlo e ci manca un budget dedicato per andare a cercare progetti. Lavoriamo molto con la rete di contatti che ci siamo fatti negli anni. L’importante è che i progetti abbiano validità e interesse per noi, per i nostri Decision Makers e per gli altri DM presenti a TFI Torino Film Industry. È successo infatti che DM formalmente invitati da altri partner, poi dedichino attenzione anche ai progetti di Lovers Goes Industry dentro una rete sinergica molto produttiva. Quindi, certo, abbiamo una difficoltà strutturale, però il vantaggio indubbio è nel risultato, nella maggiore visibilità e nella maggiore possibilità di dare più appuntamenti ai progetti presentati. Inoltre, un evento come Lovers Goes Industry dà al Festival stesso una visibilità ulteriore nel mondo dei professionisti: la nostra partecipazione a TFI Torino Film Industry è qualificante, un po’ come se comprassi delle pagine pubblicitarie su dei trade di settore.

Qual è il goal più importante di questa edizione di Lovers Film Festival?

Tanti spunti: quest’anno il Festival è due giorni più lungo del solito, un modo per festeggiare i 40 anni. E poi anche la madrina che abbiamo scelto, Karla Sofía Gascón. Ci siamo chiesti come festeggiare cinematograficamente questi 40 anni, e la nostra scelta è stata quella di fare degli omaggi specifici con dei film che hanno fatto parte della storia del Festival e della nostra comunità. Questa la logica dell’omaggio alla Lucky Red, la casa di distribuzione italiana che ha distribuito più film a tematica LGBTQI+ di tutte, tra cui “Emilia Perez” con Gascón. Per questo nella sezione “Lovers is Lucky” proiettiamo “Crossing” di Levan Akin, “Matthias & Maxime” di Xavier Dolan, “Portrait de la jeune fille en feu” di Céline Sciamma, “La vie d’Adèle” di Abdellatif Kechiche e “Velvet Goldmine” di Todd Haynes, e la inauguriamo con la presenza di Andrea Occhipinti – tra l’altro, la persona che ha voluto Vladimir Luxuria al doppiaggio per Karla Sofía Gascón in “Emilia Perez”.

Poi sono contento anche di portare al Festival il restauro della “Teen Apocalypse Trilogy” di Gregg Araki, presentata dall’attore protagonista James Duval. Invece ospitiamo Gaël Morel, regista e attore francese, che quando ho iniziato a fare il Festival aveva un film in selezione quasi ogni anno. Per l’apertura abbiamo scelto il suo nuovo film “Vivre, mourir, renaître” che aveva partecipato al Festival di Cannes: anche a lui abbiamo dedicato un piccolo omaggio, per il suo contributo alla storia del Festival. 

E il tuo film preferito di quest’anno?

Troppo difficile! Quest’anno abbiamo notato che sono arrivate moltissime cose diverse, più sfidanti, più indipendenti, meno controllate dalle logiche di mercato. È sintomo del fatto che la comunità è di nuovo sotto attacco, e si difende anche dal punto di vista culturale e creativo in maniera più accesa. Ci sono dei film “strani”: meno mainstream, meno facili, il che è un segno di creatività molto buono. “Drive Back Home”, il film con Alan Cumming che viene a prendere il premio Stella della Mole è stato un film che, quando l’ho visto con gli altri selezionatori, abbiamo tutti subito detto “sì”, senza doverne discutere. Allo stesso modo con “A Night Like This”: è arrivato due giorni prima che chiudessero le selezioni e lo abbiamo trovato splendido. Anche tra i documentari: il restauro di “Paris Is Burning”, che quest’anno compie 35 anni, e con lui “I Am Your Venus”, documentario che indaga l’uccisione di Venus Extravaganza avvenuta proprio durante le riprese di “Paris Is Burning”. Infine, “The Secret in Me”: un uomo nato intersex, cresciuto come una bambina secondo gli studi di un professore ancora oggi ritenuto fonte scientifica per studi endocrinologici di “risoluzione” dei casi di intersex in alcuni Stati degli USA, racconta la sua vita con una rabbia incredibile e scopre di altre persone che hanno dovuto sopportare le stesse cose. È una storia clamorosa.

 

*“About Last Year” di Beatrice Surano, Dunja Lavecchia e Morena Terranova è stato realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund.