
Ottobre 2025
Torna l’appuntamento mensile con gli Speciali TFI, che per questa ottava pubblicazione ospitano TorinoFilmLab, organizzato dal Museo Nazionale del Cinema, con il sostegno di Creative Europe – sottoprogramma MEDIA dell'Unione Europea, collegato alle principali istituzioni cinematografiche con sede a Torino e in Piemonte.
Votato allo sviluppo e alla formazione di professionisti dell’audiovisivo, il TorinoFilmLab consolida il ruolo di Boost IT Lab come programma di riferimento per spingere i progetti italiani oltre i confini nazionali. Il focus è quello della coproduzione internazionale: unire produttori e registi emergenti interessati a costruire un profilo globale, con lungometraggi in sviluppo alla ricerca di partner produttivi italiani.
Quest’anno Boost IT Lab amplia il proprio raggio d’azione: gli otto progetti selezionati concluderanno il percorso con un pitch all’interno del TFL Meeting Event (20–22 novembre 2025), il mercato di co-produzione che ogni anno riunisce oltre 250 decision makers internazionali tra produttori, sales agent, fondi, broadcaster e piattaforme. Un passaggio naturale tra la fase di formazione e l’incontro con l’industria, che consolida la missione del laboratorio: trasformare le idee in film concreti.
Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Francesco Giai Via, Head of Studies di Boost IT Lab.
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Quest’anno Boost IT Lab entra ufficialmente nel TFL Meeting Event. Che cosa rappresenta questo passaggio?
È il completamento di un percorso. Per la prima volta i progetti sviluppati all’interno del Lab potranno confrontarsi con quello che è il momento più importante nel calendario annuale delle attività TFL, dialogando con produttori e professionisti provenienti da tutto il mondo. Non si tratta solo di visibilità, ma di una fase in cui la ricerca creativa incontra la dimensione industriale. L’obiettivo è aiutare autori e produttori a individuare il nucleo del proprio progetto e a tradurlo in un linguaggio condiviso, capace di dialogare su scala internazionale.
Boost IT Lab è considerato un laboratorio “su misura”. Qual è la chiave di questo metodo?
Lavoriamo su un approccio diretto: confronto continuo, feedback mirati, e la possibilità per i team di misurarsi con prospettive diverse. Non esiste un modello unico: i tutor adattano strumenti e strategie alle esigenze specifiche dei progetti. Quest’anno il percorso è accompagnato da nove professionisti provenienti da tutta Europa — Nicolò Gallio, Gabor Greiner, Chiara Laudani, Eilon Ratzkovsky, Aleksandra Świerk, Barbara Tonelli, Nadia Trevisan, Elisa Vittone e Bonnie Williams. Ognuno porta con sé un bagaglio diverso, che sia creativo, produttivo o legato al mercato. È questa varietà di sguardi a rendere il Lab un luogo di scambio reale, intenso ma concreto, dove la formazione dialoga costantemente con la pratica produttiva.
La selezione 2025 si distingue per eterogeneità di temi e approcci. Quali tendenze emergono dai progetti scelti?
È una selezione ricca e molto variegata, sia per tono che per provenienza. Ci sono film intimi, come “The Second Adolescence” di Tommaso Frangini, prodotto da Vincenzo Filippo (Lupin Film), un racconto sulle seconde possibilità nato dal corto “Foto di gruppo”. Altri esplorano il legame tra corpo e ambiente, come “Inner Sea” di Mariangela Ciccarello, prodotto da Yannis Karpouzis (Empty Square, Grecia), un viaggio sensoriale tra scienza, ecologia e memoria, o “Caretta Caretta” di Miriam Gili, con Ivan Casagrande Conti (Chiotto Film), che intreccia il femminile e la metamorfosi a partire da un’esperienza personale.
Molti dei progetti sembrano attraversare confini, geografici o identitari. È un tratto deliberato?
Direi piuttosto che è lo specchio del cinema contemporaneo. “Pratopia” di Sean Ali Wang, con le produttrici Helen Tsang e Jia Zhao, racconta la comunità cinese di Prato, sospesa tra radici e futuro; “At the Beginning of Something” di Willy Hans, prodotto da Julia Cöllen (Fünferfilm), si muove nel mondo della moda milanese per indagare la tensione tra immagine e identità. Sono film che attraversano territori e appartenenze, mettendo in discussione i confini stessi del reale.
Anche i linguaggi sembrano estremamente differenti. Che direzione emerge sul piano estetico e narrativo?
L’eterogeneità è un valore. “Grizzly” di Sophie Galibert, con Arthur Cohen, racconta con delicatezza la vulnerabilità e la cura come forme di resistenza; “The Salt of the South” di Rami Jarboui e Julien Coquet affronta le ferite sociali attraverso un linguaggio ibrdio che contamina il documentario con la finzione, mentre “The Big Rip (El Gran Desgarro)” di Rai María, prodotto da Cristina Hergueta, è una dramedy apocalittica che combina ironia e urgenza emotiva. In tutti questi progetti emerge una tensione comune: raccontare la fragilità del presente mantenendo viva la fiducia nello sguardo.
Boost IT Lab è anche un punto di incontro tra professionisti. Quanto conta questa dimensione di rete oggi?
È centrale. Il Lab è nato proprio per creare connessione fra l’Industry italiano e quello internazionale, favorendo un dialogo che unisca concretezza e visione. È un percorso che per suo statuto guarda oltre i confini, ma resta ancorato alla realtà produttiva. Il fatto di chiudere il percorso nel Meeting Event rappresenta l’evoluzione naturale: dal lavoro di sviluppo alla possibilità di incontrare chi quei progetti potrà accompagnarli nella loro fase successiva.
Ci sono esempi che dimostrano l’efficacia di questo modello nel lungo periodo?
Sì, e uno dei più rappresentativi è quello di Matteo Tortone. Il suo progetto Inverno ha attraversato più fasi del TFL: nel 2020 con Up&Coming, nel 2022 con Alpi Film Lab, e nel 2025 con FeatureLab, insieme a EIE Film e alla co-sceneggiatrice Zelia Zbogar. Dal percorso è nato anche il cortometraggio “Domenica Sera”, vincitore del David di Donatello per il miglior corto nel 2025. È un esempio perfetto di sviluppo continuo: un processo che permette ai progetti di crescere organicamente, maturando nel tempo. Ogni risultato diventa una base per nuove opportunità e per la crescita delle professionalità coinvolte.
Guardando avanti, quale direzione immagini per Boost IT Lab e per i programmi TFL Italia?
Penso che il futuro sia fatto di connessioni, non di barriere. Continueremo a rafforzare i legami tra il cinema italiano e quello internazionale, mantenendo però la libertà dello sguardo come principio fondamentale. L’Italia ha un potenziale creativo enorme e ha bisogno di spazi in cui le idee possano crescere senza compromessi. Boost IT Lab nasce per questo: per offrire un contesto dove le storie possano respirare, dove la formazione significhi dare forma al talento. Ascoltare la realtà, restare fedeli alla propria voce, e trasformarla in cinema: è questa la direzione che continueremo a seguire.
In conclusione vale la pena ricordare che TorinoFilmLab è già alla ricerca di partecipanti per i suoi programmi 2026.